Mi siedo stravolto sul sedile del treno, mi svesto…sotto sono fradicio di sudore e pioggia, i vestiti che odorano di lacrimogeni e macchine in fiamme. Mi gira la testa…calo d’adrenalina forse…forse invece è perché ho girato Milano in lungo e in largo seguendo quello che prima sembrava un serpentone di gente in allegra e civile protesta, ma che nel giro di venti minuti e un paio di deviazioni é diventato caos. All’inizio era una ‘quasi festa’. Gente che protestava con colori e costumi, balli sincronizzati da tamburi, macchine addobbate e chiassose, cartelli e slogan. Sembrava un carnevale. Un carrozzone pacifico di gente che tiene particolarmente a certe cose, che c’è chi non vuole lavorare gratis all’EXPO e chi ama troppo gli animali per vederseli servire a tavola. Chi condanna foreste in fumo e risorse sfruttate fino all’anima. Io vado in giro e scatto. Ci sono i gruppi estremisti vero, ma sembrano persone dai volti puliti e di ogni età che “accidenti!”, non ce li vedi proprio a tirare sassi o dare fuoco a cestini di spazzatura. Poi arriva la birra, quella scorre a fiumi grazie a carrettini illegali che la vendono immerse nel ghiaccio a tre euro la bottiglia. Carrettini che seguiranno il corteo anche nei momenti peggiori, pronti a servire qualche buona bottiglia piena da lanciare in testa ad un poliziotto. Arrivano anche camion pieni di bandiere e slogan con la scritta ‘ACAB’ sul fianco, arrivano gli slogan dipinti a bomboletta sulle vetrine del McDonald. “MERDE” c’è scritto.
Piazza XXIV Maggio comincia a diventare insostenibile cosi carica di gente e bandiere e fumogeni che coprono tutto. Il corteo parte a rilento, sempre a ritmo di musica dance pieno di personaggi che si fanno fotografare nella loro protesta pacifica e altri gruppi anarchici che invece stanno dietro e si confondono. Passano venti minuti e si arriva in una piazza, non saprei ricordarne il nome, sulla destra mezzi della polizia chiudono il passaggio e restringono il corteo ad un tragitto prefissato. Io sono li che faccio foto alla barricata attaccato alle reti di metallo, mio cugino che mi dice “Evidentemente si aspettano qualcosa” Non fa in tempo a dirlo che arrivano i primi botti e bottiglie spaccate, ci giriamo ed ecco che gli striscioni spariscono e compaiono felpe e maschere nere, cominciano i botti e i lanci. La polizia risponde con idranti dalla distanza e tutto sembra quasi rientrare nei canoni dei tafferugli da stadio ma bastano un paio di curve per capire che sarà una giornata particolare.
Svoltiamo l’angolo e vediamo il gruppo spaccato. Quelli pacifici con le loro bandiere e striscioni che stanno negli angoli, in disparte, completamente separati. Un fumo rosso copre la città…un brusio profondo invece della musica di qualche minuto prima. In mezzo alla strada, i Black Bloc. Comparsi quasi dal nulla, compatti e ostili. Mi avvicino con la telecamera al collo ma davanti a me un fotografo viene buttato a terra e preso a calci. Un altro violento arriva a volto scoperto e bottiglia di birra in mano e prende a schiaffi un ragazzo di fianco a me. Una ragazzina di vent’anni che urla improperi contro fotografi e giornalisti, qualcuno tenta di strappare dalle mani macchine fotografiche e videocamere, io nascondo la mia sotto le pieghe della mantellina. Cominciano a devastare vetrine e quant’altro, cartelli stradali sradicati e infilati dentro vetrine, macchine date alle fiamme. Puntano quelle dei ricchi anche se poi incendiano pure quelle dei poveracci. Da una banca con i vetri completamente fatti a pezzi escono due colonne di fumo nero, documenti sparsi in giro sull’asfalto bagnato e un cestino in fiamme infilato sotto una scrivania. Un vecchio si infila nella sua Honda Civic di vent’anni per salvarla dalle fiamme visto che è parcheggiata in mezzo a due Audi al rogo con tutti quanti che gli urlano di andarsene via. Nelle piazze avvengono i veri scontri. I Black Bloc si separano in gruppetti e lanciano qualsiasi cosa contro la polizia che cerca di contenere senza caricare e si limita ad usare i lacrimogeni che si spargono per tutta la città. Io non ho nemmeno una bandana, gli occhi e la gola che bruciano mentre volano bottiglie, sassi e bombe carta. Ormai non scatto nemmeno più, osservo e cerco di stare attento e quasi non riesco a pensare anche alla fotografia. Le successive due ore sono un copione sempre identico. Attacchi a sedi di banche e vetrine, lancio di sassi recuperati da vasi per piante devastati, macchine di “ricchi” date alle fiamme, slogan sui muri; la polizia che avanza e chiude il cerchio respingendo e tenendo lontano i gruppi dal centro storico di Milano.
Quando l’energia si esaurisce, il blocco nero abbandona tutto per terra e rimane una scia di caschetti e vestiti, bastoni di bambù e guanti. Scappano e si infilano nuovamente nel corteo pacifico ormai smembrato e sciolto. Mio cugino dice che andranno verso l’expo, in quella specie di tendopoli che sta in zona e chissà se ci saranno retate stanotte.
In un ultimo gesto di follia una ragazzina lancia un sasso verso la polizia e viene arrestata, i suoi amici bestemmiano e urlano di tutto, insultandoli.
Io torno verso Cadorna zuppo e puzzolente con un sacco di pensieri in testa e l’adrenalina ancora in corpo. Ho corso e camminato in continuazione per seguire tutto questo, e l’ho trovato senza senso. Non c’è nessuna logica nell’usare la violenza per un proprio ideale e soprattutto non in questo modo. Se fai cosi, dai ragione ai forti che tanto vuoi sconfiggere. Sono sul treno adesso, da dove é iniziato questo racconto, comincio a guardare le foto. Di decenti praticamente non ne trovo, non come avrei voluto farne e ne ho fatte pure poche. Lo ammetto, come diceva Capa, c’è da stare vicini per fare delle buone foto e con il mio 27 mm non lo ero mai abbastanza. Mi sentivo un verginello alla sua prima volta con una donna più grande accorgendomi che l’occhio, non vale quanto l’esperienza. Mi sono accorto che tutti i reporter seri con caschetto, maschere e ottica più lunga avevano ragione. Avvicinarsi ai Black Bloc é difficile e potresti essere pestato…e senza protezione rischi. Mi sono visto sfrecciare bottiglie e sassi di fianco alla testa e i lacrimogeni ti fanno stare male, ed è difficile stare nel centro dell’azione e scattare con la giusta concentrazione. Io sono stato sempre tra gli scontri ma spesso correre e stare attenti era la prima priorità e non oso immaginare cosa possa essere in situazioni di guerra dove si combatte per uccidere. Deve essere irreale. Rimane comunque una prima esperienza che mi fa capire come bisogna muoversi e i rischi che bisogna prendersi in un mestiere del genere. Continuo a guardare le foto quando dal fondo del treno si avvicina una ragazza.
“Sei un giornalista?” mi chiede “No…amatore” “Hai fatto foto al corteo? Mi fai vedere?” Le mostro le foto e cominciamo a parlare, è giovane e anche molto carina, con due grandi occhi verdi. “Il mio ragazzo non ha voluto che andassimo in mezzo” mi dice, mentre guarda le foto dei Black Bloc. “Meglio…sono fuori di testa” “Io però capisco la violenza verso queste multinazionali, ricchi e gente senza scrupolo” Le faccio vedere una foto di un auto in fiamme, alcuni pompieri che domano gli incendi. “Questo lo giustifichi?”
“Beh…é una macchina da ricchi” “No…è la macchina di uno che si fa le sue 40-50 ore di lavoro a settimana con due figli e che si e tolto lo sfizio di un’auto bellina e comoda magari…e comunque non ho altre foto…anche perché poi sono partiti i lacrimogeni e non si poteva più stare da queste parti” “Acqua e Maalox” “Cosa?” “Non vedi le bottigliette che hanno tutti? C’è dentro acqua e Maalox…se te la metti sugli occhi vedi che non ti danno fastidio” Si alza e se ne va…io la guardo un po’ sospettoso…come quando dopo il corteo affiancavo ragazzi che potenzialmente prima di buttare i vestiti erano Black Bloc e ora persone tranquille. Lo era anche lei? Un’altra di quelle persone che sfoggiano la A di anarchia senza sapere cosa sia la vera, bella e utopistica anarchia? Come siamo arrivati a questo punto?